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"Gli Alberi bianchi è un'orazione recitata dalla parte dei dimenticati, una sequenza sapientemente situata dentro l'uomo e fuori dal tempo, una raccolta di "poesie senza mondo" - come le definisce l'autrice - dove il parallelismo con la poetica di certi "umanisti di pianura e di altopiano" (Ermanno Olmi, Mario Rigoni Stern) diviene oggetto di un'attualizzazione che sa resistere alle lusinghe della contemporaneità. Agustoni, in quest'opera densissima eppure silenziosa, testimonia la possibilità di una via alternativa alla massificazione (anche culturale) del nostro tempo, rappresentando un "teatro del mondo" che supera i luoghi comuni ai quali stanno costringendoci certe interpretazioni "allineate e coperte", facili protagoniste della scrittura (e della lettura) d'oggi". Augusto Pivanti.